I cocktail italiani più famosi al mondo: il Negroni
Un cardinale fra i drink alcolici: rosso Negroni
Intenso alla vista e sul palato, capace di esaltare gli aromi degli agrumi: il negroni è sicuramente fra i cocktail italiani più famosi al mondo. Forse, addirittura, il più famoso. Nel volume compatto di un tumbler basso si concentrano sapori persistenti e gradazioni che sanno sciogliere l’atmosfera come in pochi altri casi. La sua storia è legata, prima di tutto, all’ideatore, alla leggenda che ne ha codificato la formula: il Conte Camillo Negroni. La sua celebrità si deve al costume che più di altri distingue l’Italia nel resto del mondo: il momento dell’aperitivo.
Cocktail famosi e storie d’eccellenza: Camillo Negroni
il Negroni nei bar italiani “since 1920”
Quando si ripercorre la narrazione di un’icona come il Negroni di fatto è, spesso si rischia di finire nella leggenda, nella favola da bar. La storia del cocktail, i suoi natali sono intrecciati con la vita del Conte Camillo Negroni – nobiluomo nato a Fiesole nel 1868 e diventato “globetrotter” prima che questa parola venisse inventata. L’aristocratico fiorentino passa, infatti, buona parte del suo tempo fra Londra e gli Stati Uniti. Di quel periodo, si racconta si sia prodigato come cowboy, maestro di scherma e giocatore d’azzardo. L’unico dato certo rimane la sua assidua frequentazione dei bar di ogni risma. Tornato in Italia intorno al 1917, il Conte non è avaro nel trasmettere la sua esperienza. In un giorno imprecisato fra il 1919 e il 1920, stanco di sorseggiare il suo Americano, detta la ricetta a uno dei barman del Caffè Giacosa di Firenze – forse Angelo Tesauro, forse Fosco Scarselli.
La diffusione e il simbolo della Milano da bere
Da quel punto in poi, le informazioni sul conto dell’agiato rampollo scarseggiano. Qualcuno racconta di una lettera in cui raccomanda di non bere più di 20 Negroni al giorno (in bicchieri per amaro). Alcuni baristi dell’epoca rilasciano testimonianze sinceramente rispettose sulla sua costante ubriachezza composta. Morto nel 1934, lascia in eredità un aperitivo che ha già incominciato a diventare un’icona. il Negroni arriva prima sulle carte dei più noti Cocktail Bar, poi su quelle dei Caffè sofisticati. In poco tempo, viene servito in qualsiasi locale o trattoria dei principali centri urbani. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, diventa un’istituzione accessibile alle masse, un simbolo in cui riecheggerà l’entusiasmo della Milano da bere.
La ricetta del Negroni, la ricerca di equilibrio
Delicatezza e misura per uno spirito animoso
Al netto delle vicende storiche, la fortuna del cocktail si deve all’apparente semplicità dietro cui si cela un utilizzo sapiente di tutti gli elementi. La ricetta vuole che vengano versati 3 cl di gin, 3 cl di Campari, 3 cl di vermut rosso in un Old Fashioned pieno di ghiaccio. La prima accortezza da seguire è quella di rispettare l’ordine decrescente di gradazione alcolica. Dunque, gin, Campari, vermut rosso. Di seguito, occorre mescolare delicatamente fino a che i cubetti non trovano stabilità. Il tocco conclusivo sta nella scorza d’arancia che riempie la bevanda del tipico aroma di agrumi.
Le varianti più morbide: questione di carattere
L’elevato volume d’alcol del Negroni è una delle caratteristiche che trova contrasto fra i consumatori. Molti ne apprezzano l’intensità, qualcuno preferisce sapori più freschi. Quasi nessuno però sembra essere disposto a rinunciare a quei sapori. Per questo, forse, nel corso degli anni sono nati tipi di cocktail più “morbidi” che ne ricalcano il DNA. Uno su tutti, il Negroni Sbagliato – ricetta del Bar Basso di Milano che sostituisce il gin con lo spumante. La scelta è chiaramente una questione di gusto, ma l’autenticità del Negroni non è in discussione.
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